Blog LUCI ED OMBRE DELLA CRISI ISLANDESE | Paolo Ruggeri - Miglioramento personale, crescita imprenditoriale
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30/05/2013
LUCI ED OMBRE DELLA CRISI ISLANDESE
L'Islanda e' un'isola di sole di 320.000 persone – il paese europeo meno popolato– privo di esercito. Ma 15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi piu' ricchi del mondo.

Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostro Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

Cosi', se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci penso' la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona (moneta islandese) sull'euro – che perse in breve l'85 per cento del suo potere d’acquisto – non fece altro che decuplicare l'entita' del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.




Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordo' all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici.

Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano. A gennaio 2009, un presidio prolungato davanti al parlamento porto' alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perche' fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo: vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che gia' si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra e cedette da subito alle richieste della comunita' economica internazionale: con una apposita “manovra di salvataggio” venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento (circa 100 euro a persona). Ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni questa cifra; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati.

Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo. Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiusto'. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entita' sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un gruppo ristretto di banchieri e finanzieri. Si riaggiusto' d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.



Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiuto' di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunita' internazionale aumento' allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verra' impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivo' a dichiarare che avrebbe provveduto al congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelo' immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermo'. Nel frattempo, infatti, il governo si era mosso per indagare le responsabilita' civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini, scelti, tramite regolari elezioni.

Ma la vera novita' e' stato il modo in cui e' stata redatta la nuova Costituzione: attraverso internet!! Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming on line e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte.

Ed eccoci cosi' arrivati ai giorni nostri.

Nel 2013 l’Islanda sta ormai uscendo dalla crisi ma sta anche capitando qualcosa di apparentemente inspiegabile: i creditori esteri delle tre grandi banche nazionalizzate, Kaupthing, Landsbanki e Glitnir, finora non hanno ancora ricevuto indietro i loro soldi. Sigfússon, Ministro delle Finanze, garantisce che in futuro tutto verra' risarcito.

Sigfússon in un’intervista del gennaio 2013 rimarca inoltre come i debiti di due banche, Kaupthing e Glitnir, saranno rimborsati parzialmente, mentre i depositi degli olandesi e dei britannici di Icesave saranno invece ripagati completamente.

..E ad Aprile 2013 il centro-sinistra PERDE LE ELEZIONI…

L'Islanda al voto ha riportato al Governo i due partiti di centro-destra che hanno guidato l'isola per 13 anni, durante i quali sono stati sparsi i semi della pesantissima crisi creditizia ed economica scoppiata nel 2007. Non mancano pero' le incertezze e la necessita' di alleanze che permettano ai partiti neo eletti di governare.

Su cosa ha fatto gioco forza la destra per tornare al potere? Sui mutui immobiliari. Gli islandesi non riescono a pagarli. La crisi ha fatto crollare la corona del 50% circa e spinto in alto i prezzi mentre i salari reali e le quotazioni degli immobili cadevano e le tasse aumentavano vertiginosamente (anche per rimborsare gli aiuti dell'Fmi). Gli islandesi con un potere d'acquisto calato del 30-40% devono affrontare mutui per un totale di 8,7 miliardi di euro, poco oltre il 100% del Pil, legati all'inflazione e piu' elevati del valore delle case. Il rischio di insolvenze e' altissimo.

Il Governo di centro-sinistra non e' rimasto a guardare. Ha posto per i mutui un tetto del 110% del valore della casa acquistata; ma non e' bastato. I due partiti di centro-destra hanno allora fatto intravvedere altri tagli dei mutui, fino al 20%, finanziati con i crediti esteri delle banche ormai pubbliche, collassate per scarsa liquidita' e non per cattivi investimenti. Il centro destra ha inoltre promesso un nuovo boom economico che ha convinto gli islandesi.

L’altra “mossa azzardata” del centro sinistra e' stata quella di promettere l’entrata nell’Unione Europea (mentre il 58% degli Islandesi e' contrario a questa decisione), proprio quando alcuni Paesi come la Grecia iniziavano a trovarsi in difficolta'.

Quella che era una crisi economica si e' trasformata velocemente in un’emergenza sociale e ha determinato il fallimento di un'intera classe dirigente.

Noi vorremmo pero' aggiungere una terza causa di questo fallimento del centro sinistra, non per caldeggiare l’una o l’altra corrente politica, ma perche' siamo convinti che il successo di un individuo e di un gruppo dipendano dalla loro condotta etica.

Non hanno saputo mantenere una promessa, un accordo:

- Con i debitori esteri

- Con gli islandesi che avevano dato loro fiducia

Se non rimani etico e non mantieni fede alle promesse che fai, anche se momentaneamente puoi avere successo, non riuscirai a prosperare nel medio-lungo termine.

Questa legge, anche se mistica, e' reale e funziona per tutti: anche nella politica!
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